Lapo Ferrarese
© Lapo Ferrarese - 2014

OMBRE. Racconti del brivido: recensione di Rubrus (8/07/2013)

Una strana invasione Credo che il pregio di questo racconto stia soprattutto nel concetto di alienità. Di alieni invasori ne abbiamo visti tanti, anche troppi e così anche di alieni messia. Questa però, lo promette già il titolo, è una “strana invasione”. L'autore cerca l'effetto perturbante, puntando, più che sull'aspetto delle creature o sugli atti da loro compiuti, sulla loro diversità / familiarità. Gli omoni neri sono iconograficamente parenti dei babau della nostra infanzia, ma ogni affinità – che peraltro acuisce, rendendolo in qualche modo più verosimile, l'effetto di straniamento – finisce lì. Chi sono, cosa vogliono? E, ancora più radicalmente, sanno di esserci? La blanda curiosità da essi manifestata, lo sfiorare, più che l'entrare in contatto, col comando che conosciamo, acuisce il senso di mistero. Si ha la sensazione che, accanto al nostro, forse addirittura intorno o dentro al nostro, vivano altri mondi, altri esseri, altre creature e solo per caso ci ignoriamo a vicenda. Ma i casi sono tanti. Certo, ci sarebbe il buon caro vecchio escamotage, la follia del narratore. Però...        Il cavallo di legno Freud, nell'omonimo saggio, sosteneva che due temi tipici del Perturbante sono il ritorno del rimosso e l'animarsi dell'inanimato. In questo piano, inquietante racconto, narrato con un linguaggio semplice e diretto che non ha bisogno di orpelli perché è la storia in sé che dice quel che deve dire, si trovano tutti e due i temi. La prossimità, la familiarità del “mostro” rende tutto estremante concreto e credibile. E basta così? Certo che no. Il male non viene semplicemente “da fuori”, dall'oggetto stregonesco. Poco a poco, il ricordo – in sé una macchina del tempo – fa riemergere dal passato una suggestione sottile Che cosa è più autentico, cosa di più vero delle sensazioni infantili, quelle che ci dicevano che, tutto sommato, i mostri non muoiono mai e che, malgrado le rassicurazioni di mamma, tornano ogni notte... ogni notte... finchè? Già fino a quando? Fino allo splendidamente ambiguo finale. Cunicoli La terra è il simbolo della solidità. Abbiamo la testa sulle spalle e i piedi per terra. La roccia è la parte più salda della terra: il saggio costruisce la sua casa sulla roccia. In questo caso, però, l'alieno viene proprio dal suolo, anzi dal sottosuolo. Come nel primo racconto, le ombre strisciano fuori dai loro anfratti e si avvicinano a noi, ma stavolta sono meno distratte. Ora sono interessate a noi, sempre di più … e il tempo stringe. Un racconto claustrofobico, incalzante, fatto di oscurità e di spazi chiusi e di qualcosa che ci dà la caccia senza che noi si abbia un posto dove fuggire. Se le ombre di “una strana invasione” erano suggestioni di realtà altre, qui ogni evanescenza è bandita. Tutto è concreto, anche troppo, ma non per questo meno alieno. Tutto è racchiuso, vicino. Spaventosamente vicino. E, alla fine, anche il lettore prenderebbe la stessa decisione del protagonista.      di Rubrus (scrittore di noir, horror e mistery)
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